Quando i cambiamenti sono repentini, il paesaggio cambia in continuazione, il senso di comunità si sfalda, il mondo appare troppo complesso e frammentato per essere capito, sentire la vicinanza con persone di cui si ha fiducia, avere come riferimento qualcuno di significativo per la propria vita, può fare davvero la differenza.
Al di là del nostro mandato, di essere educatori, insegnanti di scienze o animatori teatrali, in questo momento per i ragazzi è probabile che possiamo essere annoverati tra quei riferimenti. Il nostro primo obiettivo è quindi semplicemente esserci, camminare al fianco in questo momento difficile.
Una riflessione ai limiti del banale ma che diventa una sfida complessa quando “esserci” si intende nel cyberspazio, in uno spazio digitale già sovraccarico di rumore, e i ragazzi sono quelli più sfuggenti, tendenti a sottrarsi allo sguardo dell’adulto o anche dei pari.
L’APPROCCIO MULTICANALE PER FAVORIRE INCLUSIVITA’
Il digitale non è tutto uguale: ogni piattaforma, ogni forma comunicativa che si può attivare nello spazio virtuale ha caratteristiche proprie, così come i ragazzi hanno differenti modalità e confidenza nell’utilizzo dei diversi canali. Anche dispositivi tra le loro mani sono differenti: c’è chi ha a disposizione un computer di ultima generazione e chi chi solo uno smartphone un po’ rotto e con un sistema operativo datato su cui non si possono installare le app più recenti.
E’ importante avere questa consapevolezza quando si scelgono canali di comunicazione, ed è consigliabile mettere in campo un ventaglio ampio di possibilità.
Noi per riuscire ad “esserci” con i nostri ragazzi, abbiamo deciso di partire mettendo in campo 6 diversi canali/modalità di comunicazione:
– what’s app: Non potevamo prescindere dall’applicazione di messaggistica più utilizzata dai ragazzi, sebbene senza prevedere l’utilizzo di gruppi.
– Email: ogni messaggio via what’s app viene inviato anche via mail, per i ragazzi e genitori che hanno la possibilità e le competenze per gestire il lavoro scolastico a distanza con un computer. Ci siamo accorti subito che molti ragazzi, in particolare quelli più introversi, interagiscono in modo molto più sereno e aperto via mail piuttosto che attraverso what’s app.
– La chat di instagram: i ragazzi hanno a disposizione il riferimento di un account instagram per inviare messaggi privati per chi si trovasse più a familiarizzare maggiormente con quello strumento (ci ha stupito che da parte di alcuni i primi compiti svolti sono arrivati proprio attraverso questa piattaforma)
– La chiamata telefonica: con alcuni allievi la classica chiamata vocale si è rivelata il mezzo più efficace per ri-agganciarli. Un ragazzo, completamente scomparso nelle prime due settimane ha risposto ad una mia chiamata (sebbene al secondo tentativo) e ha passato una mezz’ora intensa a raccontarmi la sua vita in quarantena. Da li siamo andati avanti relazionandoci solo attraverso telefonate l’invio di compiti svolti. Con un altro allievo, vista l’impossibilità di utilizzare la videochat, proprio al telefono si sono fatte anche rocambolesche lezioni individuali.
– Videochat: abbiamo istituito fin da subito una videochat di incontro settimanale, come conviviale di incontro e condivisione dei vissuti, non di lezione. Per la chat abbiamo stabilito delle “regole di sicurezza” che racconterò a breve.
– Un podcast: è nata “Radio Anno Unico”. La radio come spazio di comunicazione “caldo” in cui lo schermo lascia spazio alla voce e alla musica. Ci è parso tra i media digitali quello più simile alle caratteristiche del nostro setting.
Non ci aspettavamo che i ragazzi avrebbero seguito ogni proposta, si sarebbero palesati su ogni canale, era fondamentale però aprire corridoi comunicativi con il numero più ampio di loro. Il compito che ci eravamo dati era di valorizzare qualunque loro interazione cercando di svilupparla, con delicatezza, in un dialogo.
Fortunatamente questo cambiamento è avvenuto ad anno scolastico avanzato, da ottobre a febbraio c’è stato quindi sufficiente tempo per costruire legami con i ragazzi, fiducia, relazioni non superficiali.
Un conto è infatti, in ambito formativo, costruire relazioni da zero in ambiente digitale e un conto è portare avanti quelle già solide (di questo bisognerà tenere conto all’inizio del prossimo anno se, ci auguriamo di no, la situazione dovesse di nuovo presentarsi così)
CURARE IL SETTING NELLE PIATTAFORME DIGITALI
Una questione delicata è quella del setting, anche se in ambito scolastico sembra poco riflettuta. Le piattaforme digitali non sono neutre, creano degli ambienti con proprie specificità, incoraggiano determinate modalità di relazione e ne rendono difficili altre, hanno una propria dimensione pedagogica (che può essere anche un “pedagogia nera”…). Le classiche piattaforme scolastiche sono costruite principalmente per il lavoro di tipo cognitivo, i social network privilegiano il rumore e l’emotività immediata escludendo la profondità e la riflessione; le app di messaggistica istantanea richiedono un’attenzione h24, la nostra presenza continua. I “gruppi” sono spazi dove è fondamentale ribadire di esserci, meglio se mostrandosi brillanti,dove il silenzio non è ben visto. Muovendo da questa consapevolezza, da un approccio di “autodifesa digitale” (Ippolita, 2017) e valutando l’impossibilità, quantomeno in questa prima fase, di abbandonare alcuni di questi strumenti, abbiamo deciso di:
–Utilizzare il meno possibile canali comunicativi che restituiscano un “rating”
Evitare il più possibile di costruire la nostra relazione in uno spazio gamificato, in cui i like e cuoricini viziano la comunicazione trasformandola in un gioco narcisistico di accumulo di punti (ci sono delle piattaforme che scuole e università hanno adottato come proprio standard che comprendono queste caratteristiche!).
–Utilizzare social network solo per la messaggistica 1 a 1, non aprire un gruppo what’s app che comprenda noi e i ragazzi.
Il gruppo what’s app è per sua natura ansiogeno. In ogni istante (giorno e notte) può arrivare un messaggio, è necessario decidere se rispondere e quali parole usare per essere adeguato e magari brillante. In questo spazio chi è più introverso e in difficoltà nelle relazioni soffre la richiesta di dover partecipare, di essere sempre coinvolto attraverso le notifiche in un territorio che lo mette a disagio, chi tende al protagonismo è invece sempre di più spinto ad alzare il livello del “rumore”. Abbiamo quindi deciso di utilizzare What’s app in modalità 1 a 1, oppure “broadcast”, attraverso la quale è possibile inviare un messaggio che raggiunge contemporaneamente i ragazzi ma individualmente.
-Stabilire specifiche regole “di protezione” in videochat:
Abbiamo comunicato ai ragazzi le regole della videochat. Ognuno poteva scegliere se intervenire:
1- con immagine e voce,
2- solo a voce tenendo spenta la telecamera,
3- tenendo spenta telecamera e microfono utilizzando solo la chat,
4- non utilizzando nemmeno la chat ma solamente come ascoltatori passivi (per quanto un ascoltatore non sia mai passivo…).
E’ importante esplicitare loro il permesso di proteggersi, di entrare nello spazio digitale, in particolare in una declinazione che espone fortemente come la videoconferenza (spalancando agli altri le porte della propria casa) nel modo più conforme a sé. Ricordiamoci che fino a qualche settimana fa nelle scuole era vietato che i compagni si riprendessero tra di loro o filmassero gli adulti, oggi esporre e rendersi passibili dell’appropriazione della propria immagine è diventato al contrario in molti casi obbligatorio senza che il problema venga neanche tematizzato.
E’ stato interessante osservare come i diversi ragazzi, di fronte a queste opzioni, abbiano scelto la propria modalità di interazione, e come gruppi diversi hanno propeso per scelte diverse. Nella videochat della Gilda, il gruppo di ragazzi più introversi, pochissimi di loro appaiono in video, la maggior parte interagiscono solo attraverso la voce, un paio solo scrivendo in chat; nel gruppo della crew invece una sola persona ha deciso di non mostrarsi in video.
-Utilizzare quando possibile piattaforme non proprietarie:
L’idea è quella di utilizzare il più possibile applicazioni open source, non proprietarie, tematizzando la scelta con i ragazzi. Questa decisione non va ad influire sul tipo di esperienza relazionale in rete ma, caratterizzando fortemente lo spazio in cui ci si incontra, ha un valore educativo importante.
In questi giorni il nostro miglior alleato è ad esempio Jitsi, piattaforma open source per la videoconferenza, sviluppata con approccio comunitario e “aperto”. Non è necessario loggarsi per partecipare agli incontri, la piattaforma non raccoglie nessun tipo di dati dagli utenti. Quando l’incontro termina scompare anche ogni tracciatura.
L’attuale ricorso di massa alle piattaforme digitali ha incrementato nella scuola e nei contesti educativi il ruolo di grandi multinazionali che costruiscono i loro introiti sulla vendita dei dati, e che hanno interesse alla diffusione di sistemi “chiusi”. Ad emergenza finita sarà difficile tornare indietro, un discorso critico sulla scelta degli ambienti digitali da utilizzare, che non tenga conto solo di quanto “funzionano”, è un tema non rinviabile alla conclusione dell’emergenza.
-La webradio, una possibilità per ricreare un “setting notturno”
Il podcast, o meglio “Radio Anno Unico”, non è sicuramente l’intervento più impattante nell’economia di quelli che abbiamo messo in atto, ma ritengo che abbia un valore e meriti una piccola riflessione a parte. Probabilmente la webradio, il podcast, è uno tra gli strumenti comunicativi più “caldi” tra tutte le possibilità offerte dal mondo digitale, e può quindi riportare qualcosa dell’atmosfera dei setting educativi che coltiviamo in presenza. L’assenza del video e quindi della sovrastimolazione visiva, la centralità della voce, la musica di fondo generano un’atmosfera più “intima”, “notturna”. Ho riservato uno spazio delle brevi trasmissioni prodotte in queste settimane per spiegare le consegne delle attività più riflessive, portando anche frammenti di me, oppure rilanciare e valorizzare le stesse parole scritte dai ragazzi in un’ottica di condivisione, di “cerchio”. Qualche ragazzo ha detto che ascolta queste registrazione di notte “per farsi dei viaggi”.
Radio Anno Unico la concepisco anche come un piccolo regalo, un impegno non richiesto, un’ “eccedenza”; mi piace pensarla come un atto di bellezza che dedico ai ragazzi; forse in questo periodo ne abbiamo molto bisogno.
…e i ragazzi ci sono
Attraverso questo approccio multi-canale e multi-opzione siamo riusciti a coinvolgere quasi tutti i ragazzi; ognuno partecipa a modo suo ma la comunità si è ricreata, mantiene il suo legame. Rimane Emanuele che è comparso solo una volta in videochat senza però dire nulla, siamo però in contatto con la mamma che ci dice che dopo tre anni di reclusione volontaria a casa ora le dice che gli manca la scuola. Marino invece, che nelle prime settimane era completamente sparito, ora risponde con monosillabi ai messaggi. Ci spiega che ha grossi problemi a casa, che non riesce a fare i compiti ma vede e ascolta quello che mandiamo.
riferimenti:
il nostro gruppo di ricerca e formazione sulla pedagogia hacker, l’approccio conviviale e critico alle tecnologie digitali, si chiama C.I.R.C.E. (Centro Internazionale di Ricerca per la Convivialità Elettrica)
qui maggiori info
Grazie, riflessioni puntuali e illuminanti( e ben tematizzate….)
Ottimi spunti Mi piacerebbe condividere esperienze anche dal mondo universitario Io insegno in un dipartimento di economia e management Stiamo usando piattaforme offerte da multinazionali Edmodo Office 365 ecc Sarei curiosa di conoscere esperienze didattiche che si nano su piattaforme open source grazie
Ho apprezzato alcuni spunti davvero interessanti che mi aiutano a capire un po’ di più il mondo della comunicazione delle mie due figlie adolescenti.
Grazie
P.S.
Interessante anche la riflessione sulle piattaforme di incontro.
Bello l’articolo e l’approccio. Grazie.
Profmenghini Pg
Riflessioni condivisibili, ben argomentate e con un ottimo sguardo metodologico. Grazie!