Da quando ho creato la mia postazione fai-da-te per il mio lavoro in FAD (sia per condurre gruppi di adolescenti che di adulti) è cambiato qualcosa. Passare da portarsi il computer in un posto tranquillo qualsiasi della casa a prendere posizione nel proprio «studio radio-televisivo diy» può sembrare un cambiamento di poco conto, ma per me è significato un salto di qualità importante nelle conduzioni a distanza. Mi ha un po’ riappacificato con una dimensione che comunque soffro, mancandomi le possibilità didattiche del lavoro in presenza e l’intensità dell’incontro con i partecipanti. Ha contribuito a riaprire una dimensione di gioco e sperimentazione di cui avevo bisogno.
Uno spazio-soglia
Attraverso la FAD si entra nella casa degli altri, e gli altri entrano in casa tua. E’ uno degli aspetti che mi ha sempre messo a disagio, e sicuramente ha messo a disagio gli adolescenti con cui lavoro. Il problema non è necessariamente che abbiamo qualcosa da nascondere, ma la casa per ognuno resta uno spazio di intimità, si entra se invitati: in genere non si accolgono gli utenti del proprio lavoro a casa propria.
Creare allora uno spazio-soglia, che rimanga all’interno della propria abitazione ma sia allestito ad hoc per la vista dall’esterno, può essere una soluzione utile. Uno spazio dotato anche di espedienti tecnici per rendere le nostre “trasmissioni” il più possibile esperienze piacevoli (sebbene si possa realizzare anche a scuola, o in qualunque altro spazio disponibile)
Anzitutto la scenografia
La prima cosa per allestire uno studio fai-da-te è provvedere alla scenografia, “lo sfondo” in cui la nostra immagine sarà incorniciata. Una scenografia teatrale, “finta” come ogni scenografia, ma forse proprio per questo ancora più in grado di accogliere e proteggere parole e relazioni che sono autentiche, un cancello “spazio-temporale” appositamente progettato per l’incontro.
Io ho creato la scenografia che tengo alle mie spalle utilizzando un copriletto indiano, a fondo blu con fantasie “psichedeliche”, appeso all’armadio con mollette e scotch di carta (che regolarmente ogni tanto cedono). A questo sfondo aggiungo qualche oggetto, che di volta in volta cambia: il mio preferito è una grande spada da guerriero fantasy che ho costruito durante un laboratorio di falegnameria con i ragazzi diversi anni fa: crea curiosità, bilancia in modo giocoso il drappo un pò troppo da santone, e mi ricorda i momenti sereni in cui con i ragazzi in cascina abbiamo costruito le nostre armi.
Sempre in un’ottica teatrale ho aggiunto al set un faro RGB a led, che può cambiare il colore della luce che emana, lo avevo recuperato per il lavoro in presenza con i ragazzi; in mancanza d’altro continua a fare il suo servizio. Non lo uso sempre perché nelle dirette lunghe diventa impegnativo per gli occhi, ma contribuisce non poco a quell’effetto di “spazio altro” e di magia che cerco (la luce che preferisco è quella rossa).
Il microfono
Per il mio studio d.i.y. ho acquistato un microfono di discreta qualità (l’unica spesa fatta ad hoc), non una spesa esagerata ma sufficiente per far sentire chiara la mia voce, canale di comunicazione “caldo” per eccellenza nell’universo universo digitale di bits e di dots. Un altro vantaggio che porta avere un buon microfono è che posso anche allontanarmi dalla postazione, camminare per la stanza magari, in particolare quando sono in «modalità radiofonica» e le mie parole si sentono ancora bene. Non essere costretti nella stessa posizione è un valore aggiunto non da poco per un’attività statica e “blindata” come la formazione a distanza.
Due telecamere?
Nella stessa ottica di permettermi il movimento, mettendo in atto un’idea dell’amico Panos (che in realtà ha ispirato tutta questa «operazione studio fai-da-te» che sto raccontando) mi è capitato di utilizzare anche due telecamere, sempre con approccio iper-fai-da-te, aggiungendo quella del cellulare alla webcam del computer: appoggio lo smartphone su una mensola ad un pò di distanza in modo che riesca a produrre una sorta di ripresa panoramica; e così nel mio studio si guadagna in fatto di possibilità di movimento e tridimensionalità.
Anche un launchpad?
La musica e in generale i commenti sonori sono importanti nelle mie formazioni a distanza. Mi piace utilizzare frammenti di canzoni ed effetti di vario genere (esplosioni di bombe, sirene da sound system reggae, spari di pistole laser…) per sottolineare momenti particolari durante le sessioni di lavoro educativo. Sebbene si possa sfruttare tranquillamente un qualsiasi lettore di musica digitale, data la mia passione gli aggeggi tecnologici per giocare con la musica, ho riadattato all’evenienza un launchpad, in modo da «lanciare» i commenti sonori con più comodità e creatività. E’ stato un pò ritornare ai tempi (15 anni fa!) della web radio «clandestina» che gestivamo con amici, Radiowatta.
Personalizzare, creare con poco, ri-incantare
Ovviamente non ho raccontato tutto ciò auspicando che insegnanti o educatori seguano le stesse modalità. Le soluzioni che ho descritto sono molto personali, talvolta anche un modo mio per divertirmi un pò (lungi da me pensare che senza un launchpad non si possa fare creative formazioni on line…)
Sono forse le parole personalizzazione e creatività i concetti chiave: allestire uno spazio di confort e di gioco su misura per chi lo deve abitare e utilizzare come postazione di lavoro. Ognuno può mettere in campo le risorse che preferisce e che ha a disposizione: i propri oggetti preferiti, spazi, teli, cianfrusaglie più o meno tecnologiche.
È una dimensione di gioco che per coinvolgere i ragazzi deve coinvolgere e divertire prima di tutto noi, si tratta di un approccio D.I.Y. (Do It Yourself) un po’ punk e un po’ hacker: con poco, ri-inventando l’uso di strumenti e materiali già a disposizione, può nascere qualcosa di nuovo e di divertente che permette di resistere e costruire relazione (e portare un po’ di magia) in questi tempi inquieti.
questo articolo è un estratto dal libro formare a distanza scritto con il gruppo di ricerca C.I.R.C.E. Qui (come in giro su questo blog) si trovano altri estratti.