Viviamo
un mondo precario, performativo, narcisista, digitalmente
iper-stimolato, in cui la parola futuro non è più una
promessa ma una minaccia, sentiamo sulla pelle il collasso
ambientale.
Stanno male gli adolescenti, e (spesso) stiamo
male anche noi; e tra le due parti si fa sempre più fatica a
costruire dialogo.
Cosa significa crescere in un contesto
simile? Ed essere operatori?
Fare educazione e scuola oggi non può prescindere l’entrare in contatto con queste nuove sofferenze, sentirle sulla pelle, dargli un nome, ricondurle alla loro dimensione sociale e politica e non solo individuale, e poi cercare insieme agli adolescenti spiragli di vita, territori di creazione di senso e meraviglia.
Per fare questo siamo chiamati a contaminare e lasciarci contaminare: lo sguardo pedagogico e psicologico devono incontrare quello dall’arte, della narrazione fantastica, della tecnologia critica, del corpo, trarre nuova linfa dai linguaggi e dalle culture giovanili, abbracciare gli spazi di resistenza e costruzione di senso già patrimonio dei nostri adolescenti.
Un libro che contiene tanti strumenti molto pratici per la conduzione di gruppi di «nuovi adolescenti», propone modalità per allestire setting e attività, ma ha l’ambizione anche di contribuire ad aprire a nuovi visioni, a quei salti di immaginazione che riteniamo sempre più urgenti.